Una attività o una qualsiasi iniziativa imprenditoriale, il cosiddetto “concept”, può diventare un “format”, ovvero un modello replicabile in franchising, solo dopo che si sono realizzati tre fondamentali passaggi operativi.
Analisi di fattibilità
Si parte con una analisi di fattibilità, ovvero con lo studio degli elementi di base del progetto: il mercato, la configurazione della potenziale attività affiliata, quella dell’azienda affiliante, le caratteristiche del pacchetto franchising che si intende proporre, le dinamiche strategiche ed economiche dell’intero sistema di rete.
Per ciò che riguarda il mercato, si vuole verificare la fattibilità dell’iniziativa da diversi punti di vista: il settore in cui l’azienda affiliante opera, il posizionamento dell’attività affiliata nel contesto competitivo, sia globale che locale, e infine l’attrattività del progetto franchising per i potenziali franchisee.
La configurazione dei futuri punti vendita affiliati va analizzata sia sotto il profilo economico (investimenti, costi di gestione, marginalità sull’offerta…), che strutturale (localizzazione e ubicazione, lay-out e grandezza del punto vendita, tipologia e modalità di servizio, immagine e cornice del locale, stile, ambientazione, comunicazione e marketing …). Sul versante dell’azienda affiliante è necessario prevedere, verificare e rimuovere eventuali problemi di natura organizzativa, finanziaria, logistica, gestionale, che possano ostacolare la realizzazione del progetto. All’origine di molti insuccessi c’è proprio la sottovalutazione di questo punto.
Nella fase d’avvio il franchisor si trova a creare strutture con uffici, personale, strumenti informatici, a brevettare marchi e procedure, a reclutare o coinvolgere risorse umane che contribuiscano a confezionare il pacchetto franchising attraverso i suoi aspetti tecnici, giuridici, d’immagine, di marketing, a realizzare punti vendita pilota.
Tutto ciò comporta costi e impegni che non possono essere rimandati a una seconda fase, pena la mancata partenza dell’intero progetto oppure il rapido fallimento. Ma anche quando il progetto è entrato nella fase di commercializzazione e di sviluppo si possono verificare improvvise necessità di investimento, per fronteggiare situazioni di crisi oppure, nell’ipotesi migliore, disequilibri dovuti all’eccessiva crescita. In tutti i casi solo un’adeguata pianificazione degli investimenti, realizzata assieme a chi conosce le specifiche esigenze dei sistemi di franchising, può salvaguardare dagli inconvenienti che di solito colpiscono i neo-franchisor meno preparati.
Il piano di fattibilità analizza e definisce anche le caratteristiche del pacchetto franchising che si intende proporre, con l’obiettivo di verificarne la sostenibilità sia per il franchisor che per il franchisee. La sintesi di questo indispensabile lavoro preparatorio è rappresentata dal cosiddetto business-plan del franchisor, che prende in considerazione le dinamiche strategiche ed economiche dell’intero sistema di rete.Si tratta di creare un modello in grado di simulare l’intero percorso, fino al traguardo del consolidamento della rete di affiliati. Per almeno due concretissime ragioni: da una parte confermare, numeri alla mano, la fattibilità dell’intera iniziativa, dall’altra guidarne la realizzazione. La simulazione sulla carta ha lo stesso valore del progetto di un architetto: rassicura sul fatto che la casa “stia in piedi”, consente di introdurre fin da subito eventuali correttivi, senza compromettere la stabilità dell’intero sistema, serve da riferimento continuo nell’esecuzione dei lavori.
La fase di pilotage
La configurazione tipo dei futuri punti vendita (o unità operative, uffici, ristoranti, a seconda del settore)affiliati va sperimentata sul campo. Quando il progetto franchising nasce come replica di attività di proprietà dell’affiliante è possibile effettuare una sperimentazione parziale su di esse, ma si deve tenere conto che la simulazione sarà inevitabilmente inficiata dal fatto che esiste già un avviamento, al contrario di quanto accade nel caso di unità affiliate che sorgono ex novo.
Il test migliore è quello realizzato partendo da zero con un nuovo punto (definito appunto di pilotage), che riproduce in tutto e per tutto le condizioni medie in cui si troverà ad agire il franchisee.
L’affiliante in questo caso avvia e gestisce direttamente il punto pilota, oppure delega terzi di sua fiducia (affiliati pilota) a verificarne l’effettiva validità ed efficacia sul mercato. Il momento del pilotage è estremamente importante e va sfruttato appieno.In genere si tende a sottovalutare il valore di questa fase e a comprimerne il più possibile la durata, a favore di un più rapido avviamento della rete. In realtà si deve considerare il raggiungimento degli obiettivi di incasso programmati per i punti vendita pilota come “conditio sine qua non” per le fasi successive. Non ha nessun senso coinvolgere imprenditori affiliati in un progetto che non sta mantenendo le promesse economiche: si rischia di replicare solo l’insuccesso. Meglio allora estendere la durata del pilotage, introdurre i necessari correttivi e attendere gli esiti sperati. Si avrà modo in ogni caso di effettuare sperimentazioni, miglioramenti, modifiche, innovazioni che, una volta riscontratane l’efficacia, potranno essere messe al servizio della futura rete, arricchendone il valore e la capacità di stare sul mercato.
La Standardizzazione del sistema
Il “prototipo” funziona. Ogni aspetto del pilotage va ad arricchire il patrimonio di conoscenze che si trasformerà nel know-how del progetto. Si tratta ora di prepararsi alla “produzione in serie”. Come in una fabbrica impegnata nel lancio di nuovi prodotti, il problema non è solo quello del reperimento della materia prima. Va pensata e strutturata l’intera filiera. A partire dal futuro affiliato, che dovrà essere messo in condizione di operare al meglio. Il “libretto di istruzioni” del franchising è il cosiddetto Manuale Operativo, che riassume gli elementi fondamentali del know-how dell’affiliante. La sua predisposizione consente anche di focalizzare i contenuti del “prodotto” franchising che ci si accinge a commercializzare e di impostare il sistema di supporto agli affiliati.
Si tratta di standardizzare tutte le prestazioni a favore dell’affiliato: forniture di servizi pre-apertura, di materie prime e prodotti, di formazione e assistenza, di attività centralizzate per il marketing e la comunicazione.
La stessa organizzazione dell’azienda franchisor dovrà essere impostata in modo tale da poter erogare al meglio i servizi promessi ai franchisee. Poi è necessario “confezionare il pacchetto d’offerta”, cioè l’insieme delle condizioni di vendita del prodotto franchising. Da questo si arriva alla stesura del contratto di affiliazione e della relativa documentazione pre-contrattuale con l’aiuto di legali esperti della materia, nel più ampio contesto di una precisa strategia contrattuale. Definiti gli strumenti di vendita e pianificata l’attività di marketing e di comunicazione, si è così pronti al lancio sul mercato.
Meglio evitare il fai-da-te
Come si è visto, la costruzione di un sistema di franchising è un processo così articolato e specialistico da scoraggiare fortemente il fai-da-te. Meglio farsi accompagnare nel percorso da consulenti di franchising di comprovata esperienza o da risorse umane qualificate, che abbiano già affrontato con successo il delicato iter della realizzazione di una rete.