Avv. Valerio Pandolfini -Studio Legale Pandolfini, partner di Affilya
Secondo l’ultimo rapporto di Assofranchising del 2021(relativo al 2020), le reti in franchising operanti all’estero sono 162, in diminuzione del 9% rispetto all’anno precedente, mentre i punti vendita all’estero sono circa 10.700 (in aumento dell’2,9% rispetto all’anno precedente). Al di là della flessione contingente nel periodo della crisi sanitaria, questi numeri, già rilevanti, sono destinati ad aumentare, essendo presumibile che un numero crescente di imprese italiane decidano di espandere la propria rete in franchising in Paesi esteri nel prossimo futuro. Del resto, in un contesto mondiale dominato dalla globalizzazione, una rete in franchising che abbia già raggiunto una sufficiente maturità ed espansione nel nostro Paese non può che guardare a nuovi mercati esteri per il suo sviluppo. Sotto questo profilo, lo sviluppo internazionale costituisce per una rete in franchising non soltanto un passaggio naturale, ma anche necessario, dati i molteplici vantaggi offerti dalla internazionalizzazione, in termini di espansione del business, di aumento di visibilità del brand, di possibilità di differenziarsi rispetto ai competitors, e così via.
L’importanza dello studio di fattibilità per l’espansione internazionale di una rete in franchising
Tuttavia esportare una catena in franchising all’estero presenta peculiarità e rischi ben diversi, e più rilevanti, rispetto a quelli propri di una rete in franchising domestica, e richiede pertanto adeguata pianificazione. Quale che sia il Paese nel quale la rete ha intenzione di espandersi (target), e ancor più qualora si tratti di un Paese non vicino geograficamente, culturalmente ed economicamente all’Italia, l’espansione internazionale di una rete in franchising deve essere attentamente e preventivamente analizzata con un adeguato studio di fattibilità; per evitare possibili conseguenze negative, che potrebbero impattare non solo il progetto internazionale in sé, ma anche la rete italiana già esistente. I principali fattori da considerare nello studio di fattibilità sono essenzialmente i seguenti:
- analisi di mercato del Paese target
- eventuali modifiche e adattamenti al franchise concept
- aspetti logistici
- aspetti legali
- aspetti fiscali.
In questa sede ci soffermeremo sugli aspetti legali da considerare in uno studio di fattibilità, che sono certamente tra i più rilevanti.
L’analisi della normativa del Paese target
Un aspetto molto importante dello studio di fattibilità, sotto il profilo legale, è l’analisi delle caratteristiche giuridiche del Paese target, che possono avere un impatto molto rilevante sul progetto di internazionalizzazione della rete in franchising. Tale analisi è di fondamentale importanza, non soltanto ai fini della decisione circa il Paese estero in cui espandersi, ma anche in ordine alla struttura più opportuna, dal punto di vista contrattuale e societario, che dovrà assumere la rete estera, oltre che, ovviamente, sotto il profilo della valutazione dei costi complessivi cui il franchisor andrà incontro. In particolare, sotto il profilo giuridico, deve essere adeguatamente analizzata la normativa del Paese estero, sia sotto il profilo generale (con riferimento quindi agli aspetti antitrust, giuslavoristici, regolatori, privacy, doganali, valutari etc.), che sotto il profilo della eventuale presenza di leggi specifiche aventi ad oggetto il franchising.
Leggi specifiche riguardo al franchising
In alcuni Paesi vige infatti, in tema di franchising, una normativa imperativa (cioè obbligatoria) concernente ad esempio gli obblighi di disclosure da parte del franchisor (non necessariamente uguale a quella italiana: basti pensare ad esempio alle discolure laws che vigono nei diversi Stati USA) o il contenuto del contratto di franchising, cioè gli obblighi a carico delle parti (ad esempio la durata, gli obblighi di concorrenza, etc.). Tali normative devono essere adeguatamente conosciute e valutate, prima di intraprendere l’espansione della rete in una dato Paese. Occorre infatti considerare che, sebbene sia possibile disciplinare i contratti che verranno stipulati con i vari partners esteri coinvolti nel progetto di espansione della rete facendo riferimento alla legge del franchisor (cioè alla legge italiana), ciò non esclude che la legge locale troverà comunque applicazione quando si tratti di norme imperative (come è il caso, appunto, delle disclosure laws in materia di franchising, ma anche delle norme giuslavoristiche, di quelle a tutela dei consumatori etc.). Senza contare che spesso anche le controversie scaturenti dai contratti di franchising che verranno stipulati nel Paese estero dovranno essere risolte da giudici o arbitri locali (si pensi ad esempio agli Emirati Arabi).
Gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale
I profili attinenti alla proprietà intellettuale rivestono, in generale, grande importanza per una rete in franchising, e dunque devono essere attentamente analizzati in sede di pianificazione dell’espansione internazionale della rete. Per quanto concerne il particolare marchio (e il domain name), è indispensabile che il franchisor ne estenda la relativa tutela nel Paese target; a tal fine potrà rendersi necessario o comunque opportuno non soltanto accertare che l’ambito territoriale di registrazione del marchio comprenda anche il Paese target (soprattutto qualora si tratti di un Paese extra UE), ma anche eventualmente registrare il marchio in modo diverso dal Paese d’origine del franchisor (ad esempio, un marchio figurativo o verbale registrato in Italia potrebbe avere un significato diverso un Paese sud-americano), e controllare se non vi siano profili di confondibilità con altri marchi già registrati nel Paese di espansione. Modifiche al marchio (e al nome di dominio) saranno poi opportune anche sotto il profilo commerciale, in quanto le caratteristiche che hanno assicurato il successo del brand di una data rete in franchising in Italia non necessariamente consentiranno analogo successo anche all’estero: ad esempio è possibile che il nome o il disegno, o il logo che contraddistinguono un determinato marchio in Italia richiamino concetti o situazioni non gradite o appetibili per il pubblico del Paese target, e che quindi debbano essere in parte modificate.
La struttura contrattuale:
a) il direct franchising
Di grande importanza è, infine, l’analisi della struttura che la catena di franchising estera dovrà assumere, dal punto di vista contrattuale e/o societario. Esistono due principali modalità attraverso le quali una rete in franchising può espandersi all’estero:
- direttamente, cioè con il coinvolgimento diretto del franchisor italiano (direct franchising);
- indirettamente, attraverso l’intervento di un soggetto terzo (Master franchising).
Entrambe le modalità hanno vantaggi e svantaggi, per cui non esiste una soluzione migliore dell’altra in astratto: la scelta deve essere fatta a seconda delle caratteristiche del Paese target e della singola rete in franchising. L’espansione della rete in franchising in via diretta avviene tipicamente tramite un rapporto contrattuale diretto tra il franchisor e i singoli franchisee esteri (Direct Unit Franchising), direttamente dalla casa madre italiana o, più spesso, attraverso una filiale nel Paese target (branch) o una società controllata estera (subsidiary), eventualmente attraverso una joint venture con una società locale.
Il Direct Unit Franchising è utilizzato spesso:
- in Paesi vicini, geograficamente e culturalmente, a quello del franchisor (cioè all’Italia), come i Paesi europei;
- da reti in franchising che richiedono notevoli investimenti, come ad esempio le catene alberghiere e di ristorazione su vasta scala;
- da reti in franchising che non hanno molti affiliati sparsi sul territorio;
- come test per sondare il mercato di riferimento, in attesa di potersi eventualmente espandere con una diversa struttura.
Due sono i principali vantaggi di tale soluzione:
- sotto il profilo finanziario, il franchisor è in grado di incamerare direttamente tutti i guadagni derivanti dal progetto, dato che non utilizza terzi soggetti;
- sotto il profilo dell’aderenza agli standard della rete, il franchisor è in grado di esercitare un maggiore grado di controllo sui franchisee e sulla qualità del prodotto/servizio.
D’altra parte, vi sono diversi svantaggi per il franchisor nel ricorrere a tale struttura; in particolare:
- problemi di adattamento (compliance) alla normativa locale, specialmente quando si tratta di un Paese lontano geograficamente e culturalmente dall’Italia;
- scarsa conoscenza della realtà locale (mercato, usanze, normative etc.) da parte del franchisor;
difficoltà logistiche, in particolari derivanti dalla necessità di assicurare training e assistenza agli affiliati, la distribuzione di prodotti, etc.; - costi elevati, soprattutto qualora si decida di stabilire una presenza diretta nel Paese target;
- ridotto tasso di sviluppo della rete.
Tali svantaggi possono essere, almeno in parte, superati ricorrendo ad una joint venture con un partner locale. Tale opzione costituisce una necessità in alcuni Paesi (appartenenti in special modo all’area medio-orientale) nei quali non è possibile per il franchisor avere rapporti contrattuali diretti con i franchisee, ma è necessario creare una subsidiary nella quale vi sia una quota di partecipazione rilevante di un soggetto locale o, appunto, una joint venture con un partner locale. Una variante del direct franchising è il contratto di Area Development. L’Area Developer è un soggetto, avente sede nel Paese target, al quale il franchisor concede il diritto di aprire proprie units (punti vendita) in una determinata area e per un determinato periodo di tempo, in esclusiva (Multi-unit franchising), secondo un determinato programma (Development schedule). I vantaggi per il franchisor nel ricorrere all’Area Developer sono molteplici, in quanto:
- il franchisor ha un unico interlocutore che conosce il mercato di riferimento;
- vi sono costi ridotti per la selezione, formazione ed inserimento dei nuovi franchisee nella rete;
- vi sono maggiori garanzie di affidabilità, dato il coinvolgimento diretto dell’Area Developer;
- la rete può svilupparsi più rapidamente nel Paese target.
Tali vantaggi dipendono in gran parte dalla capacità del franchisor di individuare un interlocutore estero valido, in grado di rispettare il programma di sviluppo della rete e quindi di assicurare adeguate garanzie non solo in termini di capacità ed esperienza ma anche in termini di capacità finanziaria. Per tale motivo, generalmente l’Area Developer è costituito da una società di dimensioni notevoli, dotata di esperienza sul campo e che ha già avuto successo nel mercato di riferimento.
b) il master franchising
Il Master Franchising è statisticamente il contratto più frequentemente utilizzato per espandere all’estero una rete in franchising. Attraverso tale contratto, il franchisor (Master Franchisor) concede ad un soggetto avente sede nel Paese estero (Master Franchisee) il diritto di stipulare contratti di sub-franchising in esclusiva in una determinata area, cioè il diritto di stipulare contratti di franchising con gli affiliati (Sub-franchisee). Il Master Franchisee rappresenta dunque sostanzialmente il franchisor nel Paese estero, intrattenendo rapporti contrattuali diretti con gli affiliati. Il numero di sub-affiliati che dovranno essere individuati dal Master franchisee e le tempistiche in cui ciò dovrà avvenire è di solito regolato da un Development schedule, che a sua volta si basa su un business plan generalmente preparato dal Master franchisee. Spesso si prevede l’obbligo del Master franchisee, soprattutto in fase iniziale, di aprire propri punti vendita, in modo da conoscere meglio il franchise concept e convincere i sub-franchisee ad aderire successivamente alla rete. I vantaggi del Master franchising sono molteplici, in quanto tale soluzione consente al franchisor:
- una veloce espansione della rete all’estero, senza necessità degli ingenti investimenti tipici delle forme di franchising diretto;
- di conformarsi in modo ottimale alle peculiarità del mercato locale, grazie alle conoscenze e all’esperienza del Master franchisee;
- di condividere il rischio con il Master franchisee, il quale è direttamente responsabile nei confronti dei sub-franchisee.
Gli svantaggi del Master franchising sono legati essenzialmente al fatto che in tal modo il franchisor, non avendo rapporti diretti con i sub-franchisee, perde in buona misura il controllo su questi ultimi, con le conseguenti possibili ricadute negative sul brand e sull’immagine della rete. Inoltre, il Master franchising assicura al franchisor entrate tendenzialmente più ridotte rispetto al franchising diretto, dato che non percepisce le royalties dai sub-franchisee ma solo dal Master franchisee. Anche nel caso del Master franchising è di cruciale importanza la selezione del partner estero del franchisor, che dovrà essere un soggetto dotato della necessaria esperienza, capacità manageriale e conoscenza del mercato locale. A tal fine può essere opportuna una gradualità nella concessione dei diritti di esclusiva al Master franchisee nel territorio target e/o una durata iniziale del contratto limitata, con possibilità di estensione successiva.
L’importanza di avvalersi di uno studio legale qualificato nel franchising
Da quanto sopra sommariamente esposto, emerge come sia di cruciale importanza per il franchisor italiano – ancor più di quanto accada per il franchising domestico – avvalersi di uno studio legale realmente esperto e qualificato nel campo del franchising. Gli aspetti legali da analizzare nel corso dello studio di fattibilità dell’espansione internazionale nella rete e le scelte in merito alla struttura con la quale tale espansione potrà avvenire sono infatti assai delicate e complesse, e pertanto richiedono al franchisor di rivolgersi ad uno studio legale dotato della necessaria competenza ed esperienza nel settore. Sotto questo profilo, è altresì essenziale che lo studio legale di fiducia del franchisor possa a sua volta avvalersi di consulenti legali direttamente nel Paese target. Soprattutto infatti qualora il Paese estero prescelto per l’espansione internazionale della rete sia diverso, sotto il profilo legale e culturale, dall’Italia (e quindi extra UE), occorre infatti necessariamente avvalersi anche di consulenti locali, in quanto:
- solo un consulente avente sede nel Paese target è in grado di possedere le conoscenze ed esperienze sui vari aspetti legali di tale Paese ( pensiamo ad es. ai vari Stati USA, nei quali vigono normative diverse tra loro);
- spesso occorre comunque fare riferimento, per la risoluzione delle controversie, alle corti locali, e dunque occorrerà necessariamente riferirsi a studi legali in loco.
Di qui la fondamentale importanza per il franchisor italiano di poter contare su uno studio legale che abbia contatti con studi legali qualificati del Paese target, i quali dovranno essere coordinati in modo ottimale per garantire la migliore risuscita del progetto di internazionalizzazione della rete.