Di Luca Fumagalli – Senior Franchise Consultant di Affilya
L’interesse del mondo finanziario alla formula del franchising è piuttosto recente.
Le prime operazioni significative di acquisizione di catene di franchising da parte di piccoli, medi e grandi fondi di investimento in Italia sono cominciate un decennio fa. Il coinvolgimento è via via aumentato, anche a fronte di veri e propri exploit come, ad esempio, quello realizzato nel 2017 dal gruppo IDeA Taste of Italy, fondo italiano specializzato nel settore agroalimentare gestito da DeA Capital Alternative Funds Sgr, con la cessione del Gruppo La Piadineria a Permira, società di investimento britannica attiva a livello globale.
Private equity nel comparto del franchising
Non siamo certo nel continente americano, dove le operazioni di private equity nel comparto del franchising sono pane quotidiano: FranData, società di ricerca americana specializzata nel franchising, ci dice che lì il numero di marchi in franchising acquistati con operazioni di private equity è cresciuto costantemente, dai 24 del 2012 ai 60 del 2018, con una progressione che solo la pandemia ha temporaneamente interrotto.
Anche in questo caso gli Usa fanno tendenza, mettendo in luce fenomeni che quasi sempre, magari con qualche anno di ritardo e con dimensioni quantitativamente più modeste, si manifestano nel nostro mercato. Così, se nelle economie più mature la finanza è intervenuta prima su reti consolidate e di dimensioni importanti e poi via via ha cominciato ad interessarsi di reti più piccole e promettenti, ci si può aspettare che anche in Italia ciò accada, al meno nel medio termine.
Il ruolo dei piccoli fondi e dei family office
Non è irrealistico ipotizzare che nei prossimi anni i piccoli fondi o i family office comincino a svolgere un nuovo ruolo da veri e propri “incubatori” di format e di catene emergenti. Un ruolo auspicabile e decisivo per l’ulteriore rafforzamento del sistema franchising italiano.